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empirica, dovrebbero presupporli. Pertanto la filosofia
trascendentale è una sapienza cosmica della ragion pura
semplicemente speculativa. Infatti tutto ciò che è pratico, per
il fatto di contenere motivi (Bewegungsgründe), si riconduce a
sentimenti, i quali appartengono alle sorgenti empiriche della
conoscenza (CRP C pp. 92-93).
Nella prima edizione della Critica della ragion pura, a conclusione
dell Introduzione, Kant presenta questa riflessione di notevole importanza
per la costruzione del suo impianto filosofico: espone con determinazione
la tesi che la filosofia morale non possa rientrare nella filosofia
trascendentale25.
La motivazione della netta separazione fra filosofia morale e
filosofia trascendentale è qui ricondotta alla funzione svolta nella filosofia
morale dai sentimenti: essi, dice Kant, sono  motivi (Bewegungsgründe)
dell'azione morale.
Nella Critica della ragion pura non vi è traccia se non di una
concezione negativa del sentimento: quest ultimo deve essere sempre
25
Sui complessi rapporti tra filosofia pratica e filosofia trascendentale, cfr. P. Giordanetti, Osservazioni
sul rapporto fra filosofia morale e filosofia trascendentale, in  Le parole della filosofia I giugno 1998.
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considerato di natura empirica e soggettiva, né può rivestire alcuna
funzione positiva per la conoscenza.
In tal modo, Kant fa del motivo empirico un nodo centrale per la
suddivisione interna del suo sistema.
Per Kant, una filosofia è trascendentale quando ha per oggetto
conoscenze pure e a priori:  non bisogna, cioè, chiamare trascendentale
ogni conoscenza a priori, ma soltanto quella onde conosciamo che, e come,
certe rappresentazioni (intuizioni e concetti) vengono applicate o sono
possibili esclusivamente a priori: cioè, la possibilità della conoscenza, o
l uso di essa a priori . Per Kant dunque una conoscenza di tipo
trascendentale  si occupa non di oggetti, ma del nostro modo di conoscenza
degli oggetti in quanto questa deve essere possibile a priori (CRP M p. 80
e p. 48).
Poiché trascendentale è la filosofia di Kant per eccellenza, si
potrebbe pensare che la filosofia pratica, non rientrando nella filosofia
trascendentale, occupi una posizione subordinata.
Se i principi morali sono principi della ragione pura, allora si rende
senz altro possibile e necessaria una fondazione trascendentale della
filosofia pratica.
Nel capitolo Il Canone della ragione pura della Dottrina
trascendentale del metodo, in una breve nota Kant scrive:
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Tutti i concetti pratici concernono oggetti del piacere o
dispiacere, ossia della gioia o del dolore, quindi, almeno
indirettamente, oggetto del nostro sentimento. Ma poiché il
sentimento non è per nulla una facoltà della rappresentazione
delle cose, cadendo fuori di tutto il dominio conoscitivo, gli
elementi dei nostri giudizi in quanto si riferiscono al piacere o
al dispiacere, ossia gli elementi dei giudizi pratici, non
rientrano nell'insieme della filosofia trascendentale, la quale
ha esclusivamente a che fare con conoscenze pure a priori
(CRP C nota pp. 604-605).
In questo passo viene ribadito che gli elementi costitutivi dei giudizi
pratici sono rappresentati, indirettamente, dai sentimenti, poiché riguardano
oggetti del piacere e del dispiacere, della gioia e del dolore: il sentimento,
però, non rientra nel dominio della conoscenza, ma ne rimane escluso.
Così, la filosofia morale, la quale riguarda la facoltà di desiderare e
la volontà, non può prescindere dal riferimento all empirico e, proprio per
questo motivo, essa non può essere inclusa in una filosofia trascendentale,
il cui oggetto è rappresentato da conoscenze pure a priori.
Una volta stabilito che la filosofia pratica non può essere assunta
come parte costitutiva della filosofia trascendentale, è necessario chiarire,
comunque, in qual modo sia possibile rispondere al quesito fondamentale
della morale, ovvero alla domanda  Che cosa devo fare? . Quale deve
essere, dunque, il  motivo dell'azione morale?
Innanzitutto, si può rinviare alla felicità individuale. Ma quest'ultima
si fonda sull'esperienza empirica. Nel passo dell'Introduzione, il termine
 motivo sta ad indicare proprio la mera empiricità delle inclinazioni
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sensibili connesse con la felicità.
Se si vuole procedere verso una fondazione trascendentale della
morale, non è quindi possibile fare appello al motivo della felicità, ma è
necessario individuare un secondo tipo di  motivo , che prescinde dalle
inclinazioni empiriche e dalla loro soddisfazione: la legge etica del
 rendersi degni della felicità . Così Kant esprime la sua distinzione fra un
motivo empirico ed un motivo puro:
Chiamo prammatica la legge pratica che si fonda sul
Bewegungsgrund della felicità (regola di prudenza); morale
(legge etica) è invece la legge (nel caso che ci sia) che ha
come solo Bewegungsgrund il rendersi degni della felicità
(CRP C pp. 67-68).
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